Nel 2018 finalmente si è concluso un lungo iter di ricerca durato più di un ventennio al termine del quale si può affermare che in un certo numero di casi, seguendo opportune precauzioni, si può effettivamente prevenire il cancro alla prostata.
Già da tempo infatti erano noti alcuni farmaci e strategie di prevenzione per il tumore della prostata (detto anche carcinoma della prostata o prostate cancer in inglese). Tuttavia a causa di risultati negativi preliminari di alcuni studi scientifici non esisteva una linea guida da seguire. Anzi la Food and Drug Administration (FDA) americana aveva fatto aggiungere un avvertimento nelle istruzioni di tali farmaci perché sembrava che potessero addirittura causare lo sviluppo di tumori più aggressivi.
Molti medici e in particolare gli urologi (incluso Patrick C. Walsh, MD, forse l’esperto di cancro alla prostata più famoso al mondo) si erano quindi schierati contro l’uso di detti farmaci molto promettenti e poco costosi, ritenendoli controproducenti. Sembrava proprio il classico caso del “troppo bello per essere vero…”.
Beh, fortunatamente non era quello il caso. I ricercatori hanno infatti portato avanti la loro ricerca e hanno monitorato a lungo i pazienti trattati scoprendo che l’uso di detti farmaci è sicuro e non causa un aumento della mortalità.
Inoltre, in generale in questo articolo vedremo come la partecipazione informata del paziente alle strategie di prevenzione e di cura può fare la differenza nel percorso terapeutico e anche nel suo esito. Questa partecipazione è uno dei cardini del movimento chiamato in inglese Health 2.0 (ossia Salute 2.0). Un paziente che vuole partecipare attivamente in maniera informata alle sue cure viene chiamato un “e-patient”.
Ma andiamo per gradi in questa affascinante storia sulla prevenzione del tumore alla prostata e iniziamo da alcune informazioni di base e statistiche recenti per arrivare al meeting annuale della American Urological Association (AUA) tenutosi a San Francisco a Maggio 2018…
[Chi non fosse interessato alla discussione sulla decisione informata del paziente, può saltare direttamente alle raccomandazioni nella Conclusione.]
Indice
- Che Cos’è il Tumore alla Prostata?
- Che Cosa Causa Il Cancro alla Prostata?
- Quanto è Grave Il Cancro alla Prostata?
- Qual è la Probabilità di Contrarre il Cancro alla Prostata?
- Come Si Può Prevenire il Cancro alla Prostata?
- Cosa Devono Sapere Tutti gli Uomini sulle Patologie della Prostata?
- Quando È Consigliato Fare il Test del PSA?
- Che Cosa Deve Fare Chi è Incerto Sul Test del PSA?
- Conclusione: Come Si Può Ridurre il PSA? Quali Strategie Sono Utili per Prevenire il Cancro alla Prostata?
Che Cos’è il Tumore alla Prostata?
Come riporta Wikipedia, il cancro della prostata è lo sviluppo di una neoplasia maligna dalle cellule epiteliali della prostata, una ghiandola del sistema riproduttivo maschile. La maggior parte dei tumori della prostata è a crescita lenta; tuttavia, alcuni crescono relativamente rapidamente. Le cellule tumorali possono diffondersi dalla prostata ad altre aree del corpo, in particolare alle ossa e ai linfonodi.
Inizialmente il tumore della prostata può non causare sintomi. Nelle fasi successive, può portare a difficoltà a urinare, sangue nelle urine o dolore alla pelvi, alla schiena, o quando si urina. Anche una malattia nota come iperplasia prostatica benigna può produrre sintomi simili.

Che Cosa Causa Il Cancro alla Prostata?
Non è ancora completamente chiaro che cosa provoca il cancro alla prostata. Quello che si sa è che esiste una correlazione con dei difetti genetici e che esistono fattori ambientali cancerogeni che causano danni al DNA.

Ad esempio difetti nei geni BRCA1 e BRCA2 sono stati correlati con l’insorgere di tumori alla prostata aggressivi, difficili da curare. Questi geni normalmente sono legati al processo di riparazione dei danni del DNA. Quindi quando sono difettosi, il danno al DNA può accumularsi all’interno delle cellule che, a loro volta, crescono in maniera anomala e formano tumori. Da uno studio del 2015 si stima che circa un quarto dei casi di cancro aggressivo alla prostata coinvolga soggetti che presentano difetti o al BRCA1 o al BRCA2 o ad entrambi i geni, ma più comunemente nel solo BRCA2.
I difetti di riparazione del DNA potrebbero essere collegati con molte altre mutazioni ereditarie (ben 84 mutazioni ereditate che coinvolgono 16 geni differenti) legate al cancro alla prostata e quindi esistono altri target genetici che vengono attivamente studiati (come i geni HPC1/PCS1, ATM, HOXB-13, CHEK2, ecc.).
Per fortuna la ricerca farmacologica ha prodotto e/o sta testando in studi clinici una serie di farmaci che dovrebbero essere in grado di agire in maniera mirata verso la maggior parte dei difetti genetici che sono stati scoperti finora nel cancro alla prostata avanzato.
Quanto è Grave Il Cancro alla Prostata?
Ad esempio negli USA nel 2018 si stima che a circa 165.000 uomini sia stato diagnosticato un cancro alla prostata e che circa 29.000 siano morti a causa di questa neoplasia.
Nel 2019 si stima che 174.650 nuovi casi di cancro alla prostata verranno diagnosticati con un’incidenza del 60% circa superiore nei neri rispetto ai bianchi per ragioni che rimangono poco chiare. Ciò lo rende il più diffuso tumore maschile (con il 20% dei casi).

Il tasso di sopravvivenza a 5 anni (tra 2008 e 2014) è stimato essere circa il 98%, secondo il National Cancer Institue (NIH) e i dati SEER. In media negli USA il tasso di mortalità è intorno al 10% ma sale al 20% per gli ultraottantacinquenni (sempre secondo i dati SEER).
I casi di questo cancro mortale quindi sono in aumento. Inoltre, sembra che i sottocasi più aggressivi siano anch’essi in crescita.
In Italia secondo l’AIRC:
Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo: le stime, relative all’anno 2017, parlano di 34.800 nuovi casi l’anno in Italia, ma il rischio che la malattia abbia un esito infausto è basso, soprattutto se si interviene in tempo.
Lo dimostrano anche i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi – in media il 91% – una percentuale tra le più alte in caso di tumore.
I tumori alla prostata vengono valutati secondo una scala numerica e/o qualitativa. Purtroppo, quelli più aggressivi che si sono già sparsi ad organi lontani (secondo la definizione dei dati SEER, dove vengono chiamati “distant” in inglese) lasciano in vita solo il 30% dei pazienti dopo 5 anni.
Inoltre, una cosa è certa: il cancro alla prostata è molto complicato da curare.
Esistono molte opzioni e non c’è una scelta ovvia: si devono infatti tenere presente i rischi di effetti collaterali importanti come l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile. Infatti, nonostante anni di ricerca e tanti sforzi effettuati per migliorare i risultati (come con la chirurgia robotica di precisione), i tassi di complicanze rimangono ostinatamente alti. Ed è particolarmente vero nel caso di complicazioni dopo un intervento chirurgico.
Qual è la Probabilità di Contrarre il Cancro alla Prostata?
Negli Stati Uniti i dati SEER ci dicono che in base alle fasce d’età la probabilità di contrarre il tumore alla prostata è la seguente:
- Dalla Nascita fino a 49 anni: 0,2% (1 su 437)
- Da 50 a 59: 1,7% (1 su 59)
- Da 60 a 69: 4,6% (1 su 22)
- Da 70 in poi: 7,9% (1 su 13)
- In totale: 11,2% (1 su 9)
Ovviamente questi dati variano da nazione a nazione e dipendono anche dalla prevalenza più o meno marcata di certi fattori di rischio (come fumo di sigaretta, obesità, cancerogeni ambientali, ecc.).
In pratica però questi dati ci dicono che il tumore alla prostata è piuttosto comune e diventa più frequente con l’allungamento della vita. I dati ci dicono anche che diventa più pericoloso con l’avanzare dell’età.
Quindi oltre ad essere una patologia potenzialmente molto grave in alcuni casi, è anche un pesante onere per tutti coloro che si ammalano di essa e devono sottoporsi alle cure del caso.
Le strategie di prevenzione del cancro della prostata sono sicuramente lo strumento più potente che abbiamo a disposizione per abbattere il numero di casi di questa neoplasia e potenzialmente anche ridurre la gravità dei tumori rimanenti.
Come Si Può Prevenire il Cancro alla Prostata?
Come abbiamo accennato sopra, il primo passo è quello di evitare i principali fattori di rischio noti come il fumo di sigaretta, l’obesità, l’eccessivo consumo di carni rosse, ecc.

Tuttavia, nel 2018 sono arrivate ottime notizie anche sul fronte farmacologico da San Francisco e in particolare dal meeting annuale della American Urological Association (AUA).
In questa occasione è intervenuto il Dr. Ian M. Thompson Jr., direttore del Cancer Therapy & Research Center presso il University of Texas Health Science Center di San Antonio, ed ex presidente di urologia. È anche presidente del Genitourinary (GU) Committee di SWOG (una rete nazionale di studi clinici), un fiduciario dell’American Board of Urology e presidente della Early Research Research Network del National Cancer Institute. Nel 2012, ha ricevuto il premio AUA Hugh Hampton Young per contributi eccezionali alla diagnosi, al controllo e alla prevenzione del cancro alla prostata.
Il dottor Thomson ha riportato i risultati finali del famoso studio chiamato Prostate Cancer Prevention Trial (PCPT) ben venticinque anni dopo il suo inizio.
Una classe di farmaci chiamata gli inibitori della 5-alfa-reduttasi (5-alpha-reductase inhibitors), che include la finasteride (Proscar) e la più costosa e potente dutasteride (Avodart), è già usata per curare l’iperplasia prostatica benigna (IPB, o BPH, benign prostatic hyperplasia in inglese), conosciuta anche come adenoma prostatico (una patologia non maligna). Questi farmaci sono anche usati da lungo tempo per curare l’alopecia androgenetica (ossia alcuni casi di calvizie).
Nel Prostate Cancer Prevention Trial la finasteride ha ridotto il rischio per gli uomini di contrarre il cancro alla prostata senza aumentare il rischio di morire a causa della malattia.
Ciò rappresenta un passo avanti molto importante rispetto alle vecchie linee guida del 2010 della FDA americana basate su dati ancora incompleti.
Il dottor Thompson, ha commentato:
“Quello che possiamo ora dire è che la finasteride non solo riduce significativamente il rischio di cancro alla prostata di un uomo, ma è sicura da usare in base al follow-up a lungo termine nel nostro studio”. “Nel PCPT, non abbiamo rilevato un aumento del rischio di morte per cancro alla prostata negli uomini che hanno assunto la finasteride rispetto agli uomini che non lo hanno fatto. Questi risultati sono trasformazionali. Il cancro alla prostata è il tumore più comune diagnosticato negli uomini americani e abbiamo trovato un farmaco economico ed efficace che può prevenirlo. Sono lieto di comunicare che abbiamo risposto alle domande ancora aperte e abbiamo chiuso questo capitolo.”
Anni fa il dottor Thompson e il suo team decisero di stabilire se la finasteride, un farmaco usato per trattare i sintomi dell’ingrossamento della prostata e della calvizie maschile, prevenisse il cancro alla prostata negli uomini di età superiore ai 55 anni. A quel tempo, scienziati e medici sapevano che il cancro alla prostata è ormonalmente sensibile, e la finasteride, il primo inibitore della 5-alfa-reduttasi, che bersaglia e blocca l’azione degli androgeni come il testosterone, divenne disponibile per il test.
Già nel 2003 i ricercatori avevano trovato un risultato significativo e positivo: la finasteride aveva ridotto il rischio di cancro alla prostata del 25%. Ma lo studio ha anche mostrato che la finasteride ha prodotto un piccolo aumento nel numero di cancri della prostata di alto grado: un risultato negativo che ha portato ad un avvertimento pubblicato dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense sulle etichette del farmaco.
Successive analisi dei dati PCPT hanno rivelato benefici inaspettati di finasteride, la quale ha migliorato il rilevamento del cancro alla prostata nei test di screening e nelle biopsie e ha anche migliorato il rilevamento dei tumori di alto grado. Ulteriori analisi hanno anche rivelato che gli uomini arruolati nello studio hanno vissuto circa lo stesso tempo, indipendentemente dal fatto che abbiano preso la finasteride o il placebo. Tuttavia, nonostante l’evidenza dei benefici della finasteride, l’avvertenza sull’etichetta ha avuto un impatto importante. Pochi uomini infatti oggi prendono questo farmaco generico per ridurre il rischio di cancro.
Il dottor Thompson e il suo team hanno infine determinato dopo un lungo “follow up” (ossia dopo aver seguito i pazienti per molti anni) che non vi è stato un aumento statisticamente significativo del rischio di morte per cancro alla prostata con la finasteride. Il dottor Thompson ha così commentato questi risultati:
“Questa scoperta potrebbe avvantaggiare decine di migliaia di uomini ogni anno negli Stati Uniti identificando un farmaco che può prevenire in modo sicuro ed efficace il cancro alla prostata”. “Il trattamento per la malattia è costoso e può avere gravi effetti collaterali, come l’impotenza e l’incontinenza urinaria. La mia speranza è che la decisione visionaria dei nostri colleghi del National Cancer Institute di condurre questo studio e le prove scientifiche che ha prodotto negli ultimi 25 anni, fornirà un beneficio duraturo per i pazienti”.
In seguito, in uno studio successivo effettuato con la dutasteride, questi risultati sono stati ulteriormente confermati dimostrando una riduzione del rischio complessivo di cancro alla prostata di circa il 25-30%.
Cosa Devono Sapere Tutti gli Uomini sulle Patologie della Prostata?
Diverse patologie della prostata possono essere scoperte (anche se non in tutti i casi) grazie ad un semplice ed economico esame del sangue. Vengono misurati i livelli di un enzima chiamato PSA (Antigene Prostatico Specifico), che viene usato come un indicatore di presenza di malattie della prostata.
Come riporta la Società Italiana di Urologia, l’innalzamento del PSA può essere causato dalle seguenti condizioni:
- Infiammazione prostatica: prostatite
- Traumatismo sulla prostata (bicicletta, motocicletta, equitazione, ecografia transrettale, biopsia prostatica, cateterismo, massaggio prostatico, ecc…).
- IPB: Iperplasia prostatica benigna
- Carcinoma prostatico
Quindi l’innalzamento del PSA non è da considerarsi come un indicatore specifico di cancro della prostata.
Tuttavia, il timore di sovradiagnosi di tumore (falsi positivi) e conseguente eccesso di cure ha portato la prestigiosa U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF) (ossia l’ente che emette raccomandazioni sanitarie negli Stati Uniti) a cambiare più volte la loro raccomandazione in merito allo screening del PSA, fino ad arrivare a sconsigliarlo. Ciò ha creato una enorme confusione e molti medici (specialmente non specialisti) ora credono che lo screening del PSA sia praticamente inutile o poco utile.
Fortunatamente nel 2018 la USPSTF ha cambiato nuovamente la sua raccomandazione rendendola un po’ meno drastica e più flessibile, suggerendo una scelta individuale informata in base alle discussioni con il proprio medico:
Cancro alla prostata: Screening
Riepilogo delle raccomandazioni
Per uomini di età compresa tra 55 e 69 anni
Per gli uomini di età compresa tra 55 e 69 anni, la decisione di sottoporsi periodicamente a screening dell’antigene prostatico specifico (PSA) per il cancro alla prostata dovrebbe essere individuale. Prima di decidere se essere sottoposti a screening, gli uomini dovrebbero avere l’opportunità di discutere i potenziali benefici e i danni dello screening con il loro clinico e di incorporare i loro valori e le loro preferenze nella decisione. Lo screening offre un piccolo potenziale beneficio nel ridurre la possibilità di morte per cancro alla prostata in alcuni uomini. Tuttavia, molti uomini sperimenteranno potenziali danni dello screening, compresi i risultati falsi positivi che richiedono ulteriori test e la possibile biopsia della prostata; sovradiagnosi e sovra-trattamento; e complicanze del trattamento, come l’incontinenza e la disfunzione erettile. Nel determinare se questo servizio sia appropriato nei singoli casi, i pazienti e i medici devono considerare l’equilibrio tra benefici e danni sulla base della storia familiare, della razza / etnia, delle condizioni mediche, dei valori dei pazienti sui benefici e sui potenziali danni dello screening e dei risultati delle cure, e altre necessità sanitarie. I medici non dovrebbero sottoporre a screening gli uomini che non esprimono una preferenza per lo screening.Per uomini di 70 anni e più
L’USPSTF consiglia contro lo screening basato sul PSA per il cancro alla prostata negli uomini di età pari o superiore a 70 anni.
Come si vede, il test di screening del PSA per il cancro alla prostata è ancora controverso. (Le raccomandazioni infatti escludono fasce di età che sono comunque soggette alla malattia, anche in forma grave.)

Quello che pochi sanno però è che il PSA è più che un semplice marcatore nell’esame del sangue. È anche un enzima che secondo uno studio del 2014 può:
portare al degrado della struttura della membrana basale e può facilitare l’invasione delle cellule tumorali
Quindi, nel carcinoma prostatico, livelli eccessivi di PSA (un enzima) potrebbero consentire l’espansione e la fuga di cellule o colonie tumorali.
Monitorare (e quando necessario abbattere) tali livelli sia con farmaci (come la finasteride) che con misure alternative (come la dieta) non sembra quindi particolarmente controproducente da questo punto di vista…
Quando È Consigliato Fare il Test del PSA?
Alla domanda: “Perché e per quali uomini è indicato eseguire il test del PSA?”, l’AIMaC – Associazione Italiana Malati di Cancro risponde in questo modo:
Attualmente si suggerisce agli uomini a partire da 50 anni, o da 40 anni se esistono in famiglia casi di tumore della prostata, di rivolgersi al proprio medico per una valutazione della storia personale e, su sua indicazione, per l’eventuale esecuzione del test del PSA e di una visita specialistica.
La posizione ufficiale della Società Italiana di Urologia (SIU) del 2009 sulla questione PSA è la seguente:
IL PSA INUTILE? CHI DICE QUESTO METTE A RISCHIO DELLE VITE.
Il test del PSA riduce del 20% la mortalità nei pazienti colpiti da tumore alla prostata, e consente di diagnosticare forme molto precoci, per le quali è possibile attuare trattamenti definitivi riducendo gli effetti collaterali.[…] Inoltre, il fatto che si possano individuare tumori prostatici in stadio molto iniziale, dà la possibilità di comprendere se queste forme di tumore vanno trattate immediatamente oppure osservate nel tempo, per non esporre i pazienti agli effetti collaterali delle terapie.
Il PSA dunque come arma per proteggere la propria salute: per una corretta prevenzione devono effettuare il test del PSA gli uomini di età superiore ai 50 anni, almeno una volta l’anno, e associarlo sempre ad una visita di controllo da un urologo.
Questo tipo di indicazione è ancora più assoluta in persone che hanno avuto casi di tumore alla prostata in famiglia: per loro lo screening va iniziato all’età di 45 anni.
La scelta di seguire i tumori poco aggressivi nel tempo è detta “sorveglianza attiva” ed è un approccio alternativo all’intervento immediato che viene selezionato per evitare o rinviare potenziali pesanti effetti collaterali del trattamento.
La SIU fornisce un sito dedicato #CONTROLLATI per scaricare le regole di prevenzione urologica e consultare alcune delle domande e risposte più comuni.
Anche l’AIRC si allinea alla linee guida americane consigliando una scelta informata:
Alla luce dei possibili benefici ed effetti collaterali, ognuno deve soppesare bene, con l’aiuto del proprio medico, se aggiungere o no il PSA agli esami di routine.

L’Urology Care Foundation ha chiesto consiglio al dott. Ian Thompson, il quale ha commentato:
La cosa importante da notare è che il test del PSA non è dannoso. È un semplice esame del sangue. Il “danno” a cui si riferisce la raccomandazione di USPSTF è il trattamento non necessario di uomini che hanno il tipo di cancro alla prostata a crescita lenta, non aggressivo che non è in grado di ucciderti. Lo stesso test del PSA non può distinguere tra questi uomini e gli uomini che hanno un cancro alla prostata aggressivo e hanno bisogno di cure. Così l’USPSTF ha operato partendo dal presupposto che ogni uomo che ottiene il test PSA e ritorna con risultati alti verrà trattato come se avesse un cancro alla prostata aggressivo. Il problema è che questo non è semplicemente vero. Negli ultimi decenni abbiamo imparato molto sulla diagnosi del cancro alla prostata. Gli studi clinici esaminati dall’USPSTF non erano basati sulle procedure e gli standard odierni. Oggi possiamo meglio prevedere chi dovrebbe avere una biopsia dopo il test del PSA e chi no. Siamo anche più in grado di determinare chi dovrebbe avere un trattamento.
Ciò è maggiormente vero quando si considera che si stanno individuando nuove strategie diagnostiche poco invasive, o non invasive, per identificare e valutare il tumore alla prostata (ad esempio, che non richiedono di dover effettuare una biopsia).
Infatti, è notizia recente (2018) che pazienti con risultati sospetti del test del PSA, che normalmente subirebbero una biopsia prostatica per confermare o escludere una diagnosi di cancro, possono ora considerare un tipo specializzato di risonanza magnetica (MRI) come alternativa: la MRI Multi-Parametrica (MP-MRI o mpMRI).
Questa tecnica avanzata di risonanza magnetica può ridurre di circa un terzo il numero di biopsie prostatiche e può essere usata come guida per biopsie meno invasive.
Per @TheLancet la RM Prostatica Multiparametrica in pazienti con diagnosi di sospetto #cancroprostata evita biopsia https://t.co/vwqEzIupoS pic.twitter.com/kvenpImC8c
— Affidea Italia (@AffideaItalia) March 20, 2017
Si stanno inoltre facendo notevoli progressi sul fronte di nuovi test (spesso non invasivi) per decidere le migliori strategie di cura nel caso di cancro alla prostata aggressivo. Ad esempio nel 2018 tramite un esame del sangue sono state analizzate le cellule tumorali circolanti (CTC) nel flusso sanguigno dei pazienti per comprendere come il cancro della prostata potrebbe comportarsi e quindi effettuare una scelta più efficace sul tipo di farmaco da utilizzare.
In questi (continui) progressi diagnostici e decisionali trovano eco le parole riportate sopra del dott. Thompson, su come si stia imparando sempre di più ad operare delle scelte oculate (come seguito del test del PSA) senza necessariamente causare sofferenze inutili ai pazienti.
Ciò forse spiega anche in parte il recente (ennesimo) cambio di raccomandazione dell’USPSTF americano e l’adozione di una linea guida (più flessibile) sulla scelta informata del paziente in merito al test del PSA.
Infine, è sempre del 2018 l’annuncio della Società Italiana di Urologia (Siu) durante il congresso nazionale a Riccione che una nuova terapia poco invasiva arriverà presto anche in Italia per pazienti ad uno stadio iniziale della malattia: la chirurgia focale o fotodinamica.
La chirurgia focale è la prima terapia fotodinamica conservativa e mininvasiva che impiega un laser non termico a bassa potenza in grado di necrotizzare (ovvero di uccidere) le cellule tumorali, preservando il tessuto sano circostante, tramite un processo di fotoattivazione.
Che Cosa Deve Fare Chi è Incerto Sul Test del PSA?
Il dottor Thompson suggerisce questo approccio:
Prima di fare il tuo primo test del PSA, è molto importante avere una conversazione sui pro e contro con il tuo medico e discutere se il test è giusto per te. Può essere una conversazione sia breve che lunga. È una malattia comune in un uomo quando invecchia. L’uomo medio ha un rischio di circa 1 su 30 di morire di cancro alla prostata. È un rischio abbastanza alto per te da farti scegliere di fare il test per ridurre il rischio? Con il test del PSA, possiamo ridurre significativamente tale rischio. Naturalmente è responsabilità del medico utilizzare il test in modo intelligente e spiegare chiaramente i risultati e le opzioni disponibili.
E Se il Livello del PSA Risulta Alto?
In generale livelli sopra i 4.0 ng/mL del PSA sono considerati un campanello di allarme. Il dottor Thompson però rassicura:
Una cosa che consiglio sempre è che se il test è alto dovresti ripeterlo – la seconda volta potrebbe risultare normale. Non prendere mai una decisione basandosi su un solo test. Successivamente, la scelta di eseguire una biopsia si basa sul livello di PSA e su altri fattori. La storia familiare della malattia, la storia della salute personale, l’aspettativa di vita e la razza sono prese in considerazione nella decisione. (Gli uomini afro-americani hanno il doppio delle probabilità di sviluppare il cancro alla prostata, e hanno anche maggiori probabilità di avere il tipo aggressivo.) Poi ci sono una varietà di opzioni di trattamento, tra cui la “sorveglianza attiva”, ossia monitorare attentamente i livelli di PSA per aumenti nel tempo prima di continuare con il trattamento, che può essere appropriato per il cancro alla prostata a crescita lenta.
Tuttavia anche livelli intorno a 1 o 2 ng/mL per una persona giovane o di mezz’età posso essere preoccupanti, specialmente se tendono a salire nel tempo. Che fare dunque per abbassare i livelli di PSA e in generale prevenire il cancro alla prostata?
Conclusione: Come Si Può Ridurre il PSA? Quali Strategie Sono Utili per Prevenire il Cancro alla Prostata?
La strategia più efficace per ridurre il rischio di cancro alla prostata è una dieta sana unita al movimento fisico regolare.
Non a caso, l’AIRC consiglia di: aumentare il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e ridurre quello di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta.
Inoltre vari studi hanno dimostrato che seguire una dieta di tipo mediterraneo ricca di verdura, frutta e pesce può ridurre il rischio di cancro alla prostata fino al 48%:
- The Mediterranean Diet Reduces the Risk and Mortality of the Prostate Cancer: A Narrative Review.
- Mediterranean diet and prostate cancer risk and mortality in the Health Professionals Follow-up Study.
- A 22-y prospective study of fish intake in relation to prostate cancer incidence and mortality
Le caratteristiche principali della dieta mediterranea contro il cancro alla prostata sono alimenti ricchi in fibre, vitamine, grassi Omega-3 e in nutrienti con proprietà anticancro, come ad esempio le verdure crucifere, che hanno dimostrato una importante capacità di riduzione del rischio del cancro alla prostata. Le verdure crucifere includono: cavolo, cavolo verde, cavolfiore, crescione, verza, broccoli, cavoletti di Bruxelles, rafano, rucola, bok choy, ecc. Anche pomodori e salsa di pomodori cotti, noci, semi di lino e altri alimenti contengono sostanze naturali che vari studi hanno evidenziato essere in grado di contrastare lo svilupparsi del tumore.
Inoltre, ricercando rimedi naturali al tumore alla prostata, numerosi studi hanno correlato bassi livelli di vitamina D con vari tipi di cancro, incluso il cancro alla prostata. Uno studio del 2014 (e in seguito uno del 2016), ad esempio, ha mostrato che i soggetti con bassi livelli di vitamina D avevano un aumentato rischio di avere tumori alla prostata di grado elevato e più avanzati. Quindi mantenere livelli adeguati di vitamina D nel sangue è un’altra semplice strategia potenziale per ridurre il rischio complessivo di cancro alla prostata. (La vitamina D è una vitamina liposolubile che si produce nella pelle attraverso l’esposizione moderata ai raggi UVB del sole.)

Per quel che riguarda l’esercizio fisico, in un importante studio del 2018 ricercatori di Harvard hanno esaminato i dati di 49.160 uomini che sono stati seguiti dal 1986 al 2012. 6.411 dei partecipanti hanno sviluppato il cancro alla prostata e 888 di loro hanno sviluppato una forma aggressiva della malattia. La ricerca ha mostrato che gli uomini che si impegnavano più frequentemente in vigorosa attività fisica avevano un rischio inferiore del 30% di sviluppare un carcinoma della prostata avanzato e un rischio inferiore del 25% di sviluppare un cancro alla prostata letale rispetto agli uomini che si esercitavano di meno. La riduzione è stata notata anche per uomini portatori di un gene associato con un maggiore rischio di cancro alla prostata, a dimostrazione che l’esercizio fisico può essere protettivo anche per uomini che potrebbero essere geneticamente predisposti a sviluppare la malattia.
Anche gli esiti della recente campagna #Controllati2018 promossa dalla Società italiana di urologia (Siu) hanno mostrato come esercizio fisico e controllo del peso corporeo siano importanti abitudini ”salva prostata”.
Infine, come abbiamo raccontato in dettaglio nell’articolo, il dottor Thompson e il suo team hanno aggiunto una classe di farmaci relativamente economici e già molto usati (finasteride e dutasteride) alle strategie di prevenzione che si possono adottare contro il cancro alla prostata.
Questa “nuova” strategia – ma già nota da tempo – è probabilmente il modo più semplice per ridurre il PSA: permette infatti di inibire l’enzima 5-alfa reduttasi, che trasforma il testosterone nel ”cugino” diidrotestosterone (DHT). Il DHT non promuove solo la crescita del normale tessuto prostatico, ma alimenta anche la crescita dei tumori. (Infatti si stima che abbia un effetto di promozione della crescita sulle cellule della prostata che è da 2,4 a 10 volte maggiore di quello del testosterone, che invece non è ritenuto responsabile di problemi alla prostata.)
Ovviamente, come tutti i farmaci, anche finasteride e dutasteride possono avere effetti collaterali più o meno importanti e quindi vanno usati con attenzione sotto controllo medico.
Inoltre, visto che pazienti che ne fanno uso hanno normalmente una riduzione del loro livello di PSA nel sangue, un approccio prudente per il monitoraggio basato su questo marcatore potrebbe essere una riparametrazione dei valori di laboratorio che tenga conto dell’effetto riduttivo sul PSA dei farmaci.
Esistono poi strategie ulteriori che i ricercatori stanno attivamente investigando per ridurre il PSA e il rischio di cancro alla prostata. Vari studi hanno evidenziato come sostanze naturali presenti nelle piante (come nei semi di lino) chiamate lignani vengano convertite dai batteri nell’intestino in potenti composti chiamati enterolattoni, che entrano nel flusso sanguigno. Questi composti usati come integratori alimentari hanno dimostrato capacità protettive contro tumori ormono-dipendenti. Inoltre sembrano in grado di inibire il succitato enzima 5alfa-reduttasi.
A queste ricerche si aggiungono quelle promettenti sui composti naturali presenti nei vegetali cruciferi, sulla curcumina presente nella spezia gialla curcuma, sulle catechine presenti nel tè verde, oltre a quelle su grassi Omega 3, licopene, selenio, boro, zinco, ecc. presenti in vari alimenti. Particolarmente interessanti sono gli estratti di Serenoa Repens (saw palmetto, in inglese) e il beta-sitosterolo (β-sitosterolo), che sono già comunemente usati in formulazioni per la prostata.
Per imparare di più sull’importanza delle nuove tecnologie mediche in rapida evoluzione, e per un elenco di riferimenti ad esempi ed applicazioni pratiche in cui si utilizza l’eHealth per salvare vite o migliorare la salute, consigliamo il lettore di partire dalla pagina dedicata: Cos’è l’ e-Health (Digital Health), che abbiamo aggiornato ed espanso recentemente. Ulteriori approfondimenti e spunti sono disponibili in articoli come l’Editoriale: eHealth per Salvare Vite.
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Bibliografia: